Dare ciò che si è ricevuto ... La lettera di una giovane animatrice ai suoi ragazzi!


Cari ragazzi, 
da alcuni mesi abbiamo imparato a caro prezzo a rivalutare la bellezza della nostra vecchia routine, a riconoscere la bellezza di un abbraccio, di una chiacchierata con un amico, di un incrocio di sguardi. Abbiamo iniziato a comprendere meglio il valore della nostra libertà, l’importanza della nostra salute e il bisogno che ognuno di noi ha dell’altro. Vivere in comunione con l’altro ci consente di godere a pieno del dono della vita. Soltanto quando ci sentiamo amati e quando amiamo, ci sentiamo vivi. Soltanto quando usciamo dalla nostra zona di comfort e tendiamo la mano verso l’altro, percepiamo che la nostra vita inizia ad avere un senso. Mi risuonano in testa queste parole “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Matt. 25, 40). “L’avete fatto a me”: Madre Teresa di Calcutta lo chiamava il Vangelo delle cinque dita, il Vangelo della mano protesa verso il povero, della mano attenta e disponibile verso i bisogni dell’altro. Quando rifletto su questo passo, mi viene in mente l’oratorio, mia seconda casa e famiglia, perché lì ho incontrato persone che nel mio cammino di formazione e di crescita personale hanno teso la loro mano verso di me. Essere poveri può voler dire tante cose e tra queste, ad esempio, il fatto di sentirsi soli e inadeguati, il fatto di sentirsi non ascoltati e non compresi.  Anche in questi casi siamo poveri. E di cosa abbiamo bisogno se non di persone pronte a dedicarci del tempo, a fare una chiacchierata con noi, a farci sentire amati? Io, in oratorio, ho incontrato persone che mi hanno fatto sentire amata, sacerdoti, educatori, confidenti, amici, bambini. L’oratorio è sempre stato per me “casa che accoglie”, lì mi sento in famiglia e mi sento bene. Questa famiglia, attraverso l’esempio, mi ha insegnato che vale la pena dedicare il nostro tempo prezioso a chi in silenzio ce lo sta chiedendo, perché solo così viviamo a pieno. La povertà dell’altro ci arricchisce sempre. Nella mia piccola esperienza ho imparato che quando pensiamo di aiutare l’altro, alla fine impariamo qualcosa di più anche noi. La relazione umana, in quanto tale, è, infatti, reciproco scambio tra due o più persone, è dare, ma allo stesso tempo anche ricevere. Oggi, nel mio piccolo, anche io cerco di ricambiare il bene che ho ricevuto, facendo, a mia volta, del bene. Durante la settimana tra studio, famiglia e impegni universitari cerco di ritagliarmi del tempo per mettere a disposizione del mio oratorio i doni, che grazie all’oratorio stesso, ho scoperto di avere. Non è sempre facile far conciliare tutti gli impegni che ho e trovare del tempo anche per l’oratorio, ma in qualche modo cerco di farcela sempre, tenendo a mente come mi sentivo bene il sabato sera, dopo aver trascorso del tempo con i miei animatori e con i miei coetanei in oratorio. È quel bene, che tutt’ora ricevo, a spingermi a trovare quel tempo per tendere la mano verso i ragazzi, nella speranza di riuscire a farli sentire accolti come è successo e continua a succedere a me. In questo tempo, io e gli altri animatori abbiamo dovuto cambiare il nostro modo di incontrare i nostri ragazzi, convinti dell’importanza di mantenere vivo il legame tra di noi e di continuare ad alimentarlo soprattutto nelle situazioni di difficoltà come quella attuale, in cui l’incoraggiamento dell’altro e il sentirlo vicino ci danno forza. Per noi della famiglia salesiana incontrarci è fondamentale. Non vi abbiamo rinunciato nei mesi scorsi e non lo faremo neanche adesso che ci ritroviamo a fare nuovamente i conti con la pandemia. Lo abbiamo fatto in sicurezza, quando era possibile, e continueremo a farlo con i mezzi che abbiamo. So bene che anche voi, come me, pensate che incontrarsi online, dietro uno schermo non è equiparabile ad incontrarsi di persona. Questa è una convinzione ben radicata in noi. Torneremo a incontrarci in presenza. Ma nel frattempo? Varrebbe la pena non incontrarsi neppure da remoto? Io credo che quel poco che possiamo, dobbiamo farlo, che dobbiamo tendere la mano anche in queste circostanze. Non poterlo fare come eravamo abituati è certamente una sfida, ma se tutti ci diamo una mano possiamo dare continuità alla realizzazione del sogno di don Bosco, pur nelle difficoltà. L’oratorio siete voi ed è l’oratorio oggi più che mai ad avere bisogno di voi e della vostra presenza di giovani per i giovani.

Elisea Di Dio – Animatrice di gruppo


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